Il 26 e il 27 NOVEMBRE 2016 sono stati uno tsunami.
Il fine settimana ha spiazzato la politica con il suo potentato ipocrita e sessista complice delle gravi asimmetrie sociali fra uomini e donne, che non possono più riguardare le violenze sottostimate agite nel "privato" ma anche e soprattutto si rivelano come sistema della sfera pubblica. Si ! da decenni i femminismi lo avevano denunciato inascoltate, da domani lotteremo e verificheremo le ambigue intenzioni di stato.
L'eccezionale mobilitazione di corpi e coscienze, ha visto la partecipazione di almeno 200 mila persone e ben 1500 sono state le presenze all'assemblea plenaria del 27 alla Sapienza, al termine di tavoli tematici tenuti durante la giornata.
Non accadeva da anni. Ma la stampa non esattamente libera, ha parlato solo di ciò che più gli è conveniente e funzionale. La marea di donne diverse per età, appartenenza, "colore della propria pelle ha espresso due elementi STORICI: il primo riguarda il passaggio del testimone (femmninismo) alle giovani generazioni, il secondo ha denunciato con determinazione una seria prospettiva di lotta da qui ai prossimi mesi sui diritti e sul lavoro barbaramente tagliati variamente declinati. Diritti personali ma anche sociali e politici appartenenti al grande capitolo del welfare.
Parlare di violenze di genere vista in un ottica solo culturale e criminale, non basta! Non è tollerabile che il discorso si limiti alla parcellizzazione del ruolo produttivo e riproduttivo. Salvo i provvedimenti di facciata, la ritualità celebrativa in ogni scadenza è profondamente ipocrita e dannoso calendarizzare eventi contro la violenza di "genere" se poi la violenza del ricatto sociale, quotidianamente, agisce come una goccia chiudendo di fatto spazi e condizioni a sfavore delle donne stesse. Precarietà, taglio ai servizi, devastazione della sanità pubblica, tanto per citare alcuni delle politiche in essere della piattaforma sono piaghe traducibili in nuove povertà: questa drammatica deriva è volutamente ignorata da politica ed istituzioni giustificando con il ripetitivo e strumentale "non abbiamo fondi, c'è la crisi economica, occorre pareggiare il bilancio".
In sintesi fino a quando viene richiesta una adesione formale e generica sulla piaga della violenza maschile sulle donne, si celebra! Quando le richieste a bisogni reali selvaggiamente deturparti e si avanzano istanze rivendicative, le risposte della politica si trasformano in silenzi, promesse vane, menzogne da respingere al mittente con la forza della consapevolezza e della unità di tutte quelle realtà attive ed incisive sul territorio.